Le proprietà meccaniche dell’EPS (polistirene espanso sinterizzato) lo rendono ideale a realizzare imballaggi protettivi, ma è il suo basso peso specifico a generare dei consumi ridotti durante il trasporto di prodotti deperibili, come alimenti e medicinali.
La stabilità della temperatura è fondamentale per la corretta conservazione del prodotto deperibile. Pensiamo al trasporto di farmaci e prodotti medicali, un’attività soggetta a eventi e condizioni che possono compromettere le caratteristiche della merce. Una sosta del mezzo di trasporto, se non refrigerato, un po’ più prolungata per problemi di parcheggio? Un tratto di percorso da percorrere a piedi che costringe il corriere a portare la scatola contenente i farmaci sotto il Sole? Spostamenti logistici per passare il carico dall’aereo ai mezzi su gomma?
Sono numerose, di fatto, le situazioni che mettono a rischio il mantenimento della temperatura necessaria per non comprometterne i principi attivi. Da anni le aziende del settore ricorrono ai contenitori in EPS (polistirene espanso sinterizzato, comunemente detto polistirolo), un materiale a cellule chiuse composto fino al 98% da aria. Inerte, atossico e igienico, possiede caratteristiche di isolamento termico tali da renderlo ideale per la catena del freddo farmaceutica e alimentare.
L’EPS non è biodegradabile, ma è riciclabile al 100%
Completamente riciclabile e leggero, l’EPS è un ottimo isolante termico. Oltre che materiale privilegiato nel settore dell’imballaggio, è anche alleato ideale nella produzione di caschi. Negli anni ha trovato spazio anche nel campo dell’edilizia, che ha valorizzato le sue funzioni di isolamento specialmente negli impieghi destinati all’efficienza energetica.
Una scoperta casuale
La storia della scienza è piena di avvenimenti inaspettati, senza la consapevolezza di trovarsi di fronte a qualcosa di rivoluzionario. Nel caso del polistirolo, la scoperta è attribuita a Eduard Simon nel 1839: da farmacista, Simon si cimenta nell’estrazione di una sostanza oleosa dal Liquidambar orientalis, pianta delle foreste anatoliche dalla quale estrae un monomero a cui viene dato il nome di stirolo. Simon – dopo qualche giorno di riposo – nota che il suo stirolo era diventato gelatinoso e pensando erroneamente a un processo di ossidazione, lo chiama ossido di stirene. Nel 1866 Marcellin Berthelot dimostra che il processo non è ossidazione, bensì polimerizzazione, da qui il nome polistirolo.
I mercati nei decenni si accorgono della versatilità del polistirolo, iniziandone la produzione e la commercializzazione su larga scala. Oltre che termoplastico – si può lavorare con il calore conferendogli la forma che più si desidera – le caratteristiche del materiale sono innumerevoli: a temperatura ambiente è trasparente, utile quindi per la creazione di custodie o contenitori. Il polistirolo è impermeabile e leggero: quello espanso viene usato, come detto, per gli imballaggi e per la protezione di oggetti delicati.
Non essendo biodegradabile, il problema nasce quando il corretto processo di smaltimento viene ignorato dagli esseri umani, che lo gettano nei corsi d’acqua invece che negli appositi punti di raccolta. Se è vero che il materiale non è biodegradabile, è vero anche che è riciclabile al 100%: il polistirolo utilizzato per gli imballaggi si ricicla nel secco indifferenziato, mentre il polistirolo per usi alimentari nella plastica. L’uso sostenibile del materiale è possibile: dipende come sempre dai comportamenti e dal livello di educazione civica di ciascuno di noi.
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