General Manager di UniProfessioni, Casale è esperto d’innovazione e formazione: «Spesso non basta essere un’organizzazione robusta e resiliente per gestire l’incertezza»
Le imprese stanno rivoluzionando i processi produttivi e di conseguenza le filosofie imprenditoriali. La tecnologia e il digitale propongono nuovi scenari economici. C’è un rinnovato approccio degli imprenditori verso l’economia, senza tralasciare la basilare importanza di conoscere e promuovere proprio quei passaggi produttivi che possano guardare al futuro. Non possiamo dimenticare la visione filosofica dell’impresa, ormai divenuta costretta a cambiare frequentemente la propria organizzazione per favorire la tecnologia. È utile sottolineare che questo passaggio vissuto dalle imprese è stato già avviato nei primi anni del XXI secolo. Ed è proprio in quel preciso momento storico che cambia il paradigma economico e sociale, rivoluzionando l’organizzazione del lavoro nelle imprese. Oliviero Casale, General Manager di UniProfessioni (MB Group), Innovation Manager, Segretario di AICQ Emilia-Romagna, Vice Presidente del CTS di ASSINRETE, è impegnato nella formazione e nella consulenza per i modelli organizzativi e per i sistemi di gestione dell’innovazione e della sostenibilità, comprese le relative certificazioni.
Oliviero Casale, l’innovazione nelle imprese diventa ormai fondamentale. Qual è l’approccio dell’imprenditore del XXI secolo?
Nell’attuale contesto globalizzato l’innovazione è un imperativo per tutte le PMI e i professionisti da cui non si può prescindere. Per essere un imprenditore oppure un professionista del XXI secolo serve un altro approccio per affrontare il nuovo paradigma economico. Un paradigma che supera i concetti di Industria 5.0 e Società 5.0 di cui tanto si parla, per cui imprenditori e professionisti devono intraprendere un percorso di trasformazione e di rigenerazione delle proprie imprese, avendo una visione più olistica. Spesso non basta essere un’organizzazione robusta e resiliente per gestire l’incertezza insita in eventuali shock che possono abbattersi sulle stesse imprese. È necessario saper andare oltre senza disperdere le proprie potenzialità, cercando di rigenerarsi. Servono nuovi modelli basati sul concetto di antifragilità e di gestione dell’innovazione per valorizzare il capitale umano.
Che ruolo svolge la cultura d’impresa?
La cultura, in un’impresa, è un asset importante al pari di quelli finanziari e tecnologici e deve essere diffusa a tutti i livelli su temi quali sostenibilità, ambiente, persone, bene comune. Anche qui si aprono nuovi scenari di cui poco si parla, pensando a come gestire e alimentare la cultura. Siamo nel mondo dei dati e delle informazioni: big data e data analitycs, machine learning, Intelligenza Artificiale, cloud e quantum computing. I dati sono la base per creare nuova conoscenza e quindi favorire la cultura aziendale.
Innovazione e tecnologia come diventano alleate a beneficio dell’impresa?
Saper adottare e trasferire le molteplici tecnologie emergenti che presenta il nuovo paradigma permetterà di rendere più efficienti le attività operative e incrementare la produttività, oltre a innovare e sostenere nuovi modelli organizzativi delle imprese italiane, pubbliche e private. Verrà generato così valore sostenibile e duraturo. L’innovazione tecnologica presenta opportunità e rischi. Parlando di rischi basta pensare allo skills gap, al cyber crimine, a quelli che possono impattare negativamente sul welfare aziendale o sui rapporti interpersonali. Da qui nasce l’importanza di saper gestire questi aspetti in modo integrato, affinché l’innovazione e la tecnologia siano alleati dell’impresa e dei lavoratori.
Perché è strategico stravolgere i processi produttivi?
È necessario assumere una prospettiva di più ampio respiro sulle modalità con cui utilizzare e combinare un insieme di tecnologie sempre più intelligenti e interconnesse, integrandole efficacemente nei processi produttivi dell’organizzazione in modo sistemico, avendo cura dell’ambiente e delle persone. Anche qui ritengo che non tutte le imprese possano stravolgere i loro processi produttivi dall’oggi al domani. Servirà un percorso basato su tappe ben programmate, sull’analisi e sulla valutazione di dati e informazioni per decidere se proseguire una iniziativa, abbandonarla oppure aggiornarla e portarla avanti. Gestire l’innovazione serve a non disperderla per creare nuove opportunità e valore sostenibile. Pensiamo, inoltre, all’importanza per le imprese di creare relazioni aprendosi verso l’esterno, ma anche al loro interno, al fine di acquisire conoscenze e opportunità. Concetti alla base dell’Open Innovation e delle norme ISO per l’Innovation Management, ovvero la serie ISO 56000. Applicando i principi di queste norme si riesce a legare il paradigma I4.0 ed i temi della gestione dell’innovazione e della sostenibilità. Principi su cui si basa il nuovo approccio Industry 5.0, presentato dalla Commissione Europea nel 2021. Un approccio che vuole andare oltre quello del 4.0 e, come indicato da un gruppo di esperti incaricato dalla stessa commissione a valutarlo, “utile per andare oltre un focus ristretto e tradizionale sulla tecnologia o sulla crescita economica del modello produttivo esistente basato sull’estrazione, la produzione e il consumo, verso una visione più trasformativa della crescita, incentrata sul progresso umano e sul benessere, basandosi sulla riduzione e sullo spostamento dei consumi verso nuove forme di creazione di valore economico sostenibile, circolare e rigenerativo e di equa prosperità”.
Qual è il trend delle imprese nel nuovo scenario economico?
È in forte crescita il trend di investimenti e di aspettative delle imprese su questi aspetti. Ciò è dovuto anche alla consapevolezza che iniziano ad avere le imprese sulle esigenze dei consumatori i quali, avendo a cuore l’ambiente, mettono la sostenibilità tra le loro priorità.
Le risorse umane come vivono l’epoca dell’innovazione?

Photo: Pixabay / ar130405
Secondo quanto riportato nel 2020 in un report del World Economics Forum, il 34% delle aziende intervistate prevedevano di espandere la propria forza lavoro grazie all’integrazione tecnologica. Allo stesso tempo sono tanti i campanelli di allarme. Partendo dalla frase che tutti conosciamo: il 65% dei bambini di oggi farà un mestiere che ancora non esiste; passando per quella per cui in Unione Europea per mancanza di competenze, entro il 2020, rimarranno vacanti 756.000 posti di lavoro nel settore Ict. Per arrivare al rapporto del Digital Economy and Society Index (DESI) del 2020, della Commissione Europea, in cui troviamo l’Italia in una posizione molto bassa rispetto ai partner europei per quanto riguarda il livello complessivo di digitalizzazione della società e dell’economia. Il nostro Paese si colloca in quart’ultima posizione nella graduatoria complessiva. In particolare, la dimensione “capitale umano”, ovvero quella che riguarda le competenze digitali, ottiene un punteggio molto basso, tanto da inserire l’Italia all’ultimo posto tra i paesi Ue. Questo fa capire l’importanza del reskilling e dell’upskilling relativo alla forza lavoro durante tutto l’arco della loro vita e la necessità di nuove figure professionali.
Quale suggerimento propone alle imprese italiane?
Le PMI dovranno adattare il proprio modello di business introducendo nuovi concetti, nuovi modelli organizzativi, nuovi approcci gestionali e nuove tecnologie per essere più attraenti e competitive, sapendo definire obiettivi, strategie e politiche da portare avanti in cui tutti abbiano ruoli ben definiti e le competenze necessarie per poterli svolgere. In pratica dovranno basare i loro modelli di business sulle linee guida della norma ISO 56002 per il sistema di gestione dell’innovazione. Voglio citare alcune delle aziende che a livello mondiale stanno operando questi accorgimenti. Solo a titolo di esempio penso a DEWA negli Emirati Arabi, Lukoy, Atento, oppure Accenture in Portogallo e OKI in Giappone. Anche in Italia, cosa importante, numerose aziende hanno condiviso questo percorso. Penso a Enel Spa, NTT Data Spa, oppure a Agilae Srl, Beesoft.it Srl, Villa Chiarugi Srl e, tra le altre, l’incubatore di imprese 012Facoroty Spa. Concludendo, ritengo fortemente che, per affrontare questo nuovo paradigma, le imprese dovranno essere capaci di delineare una rotta da seguire, coniugando le nuove tecnologie, l’innovazione organizzativa e di processo, la sostenibilità, la resilienza, il capitale umano, il rispetto dell’ecosistema e non, per ultimo, il concetto di antifragilità. Un modo di agire che permetterà di ridistribuire valore sia alle imprese sia alla società.
Photo cover: iStock / sdecoret